La notizia è arrivata nel Bel Paese via downloadblog : la

Cina sta incubando almeno una ventina di startup Web 2.0. Il paese della Grande Muraglia, spauracchio di tutti i manufatturieri, fino ad oggi non ha mai preoccupato più di tanto le software house occidentali. Quante volte abbiamo detto “ai Cinesi non interessa il software”, oppure con un po’ più di arroganza e presunzione “i Cinesi non sanno scrivere software”?

La notizia delle startup cinesi fa riflettere ma non sorprende. Da alcune settimane abbiamo scoperto i programmi made in China che ci permettono di vedere “a sbaffo” le partite di calcio. Al di là delle implicazioni legali si tratta di prodotti software innovativi che permettono di applicare i concetti del Peer-To-Peer allo streaming audio/video e, più in generale, di mettere in discussione le tradizionali modalità di broadcasting.

Non abbiamo ancora assorbito il colpo ed ecco le webapp 2.0. Tutte raggiungibili comodamente dai nostri browser, tutte interconnesse come ci si potrebbe aspettare, tutte rigorosamente non tradotte in inglese così da poter solo intuire i servizi che offrono ai loro utenti…

Noi in Italia non possiamo far altro che gli osservatori. Più volte Luca Lizzeri e Cristian Conti si sono chiesti dalle colonne di downloadblog.it dove sono le startup web 2.0 nostrane. La domanda è retorica, la risposta è ovvia: non esistono. Leggo oggi su slashdot che YouTube ha ricevuto un finanziamento di 3.5 milioni di dollari da Sequoia, il venture capitalist che in passato già finanziò Yahoo, Google e PayPal. In Italia le banche riservano una cifra del genere solo a qualche fortunato immobiliarista.

Rassegnamoci quindi a non poter contare su investitori generosi. Abbiamo comunque la creatività , nostro vanto da sempre. “Pochi soldi ma grandi idee”… il problema è che le idee non sono poi così grandi. Forse non ci sono neppure. Guardiamoci attorno: i principali attori italiani del web sembrano più interessati a vendere le partite di calcio via ADSL (cinesi permettendo) che a sviluppare servizi innovativi mentre le PMI del settore informatico faticano ancora a risollevarsi dalla caporetto del 2002-2003.

Gli utenti però sono più maturi ed evoluti rispetto a pochi anni fa: trasferiscono il proprio account di posta da libero.it a gmail.com, abbandonano digilander per aprire nuovi blog su splinder.com e blogger.com, preferiscono alla home page di virgilio quella personalizzata di google, condividono le proprie foto su flickr. E non è raro imbattersi in utenti nostrani ancora più evoluti che usano del.icio.us per la gestione dei bookmarks, writely per scrivere e archiviare i documenti, youtube per condividere i video e rememberthemilk per memorizzare e condividere appuntamenti e scadenze.

La domanda quindi esiste, e l’offerta anche. Non made in Italy però.